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Assegno Unico Universale per i figli: davvero una prestazione “universale”?

Il giorno 12 gennaio 2022 la Corte Costituzionale con una sua sentenza ha ritenuto che l’esclusione degli stranieri privi del permesso di lungo periodo dal bonus bebè e dall’indennità di maternità di base, sia in contrasto con la nostra Costituzione.

Di per sé una buona notizia in linea con quanto prevede la nostra Carta Costituzionale, peccato però che parte di tali prestazioni non siano più richiedibili nell’anno 2022 se non per quanti hanno avuto un figlio negli ultimi mesi dell’anno scorso, mentre il 45 percento degli stranieri regolarmente residenti in Italia non ha potuto accedere alla prestazione nel corso degli anni precedenti.

La questione dell’accesso alle prestazioni di tutela individuale ci ricorda purtroppo quanto sia non certo scontato che tali diritti inderogabili ed universali siano realmente a beneficio di tutti ma quanto siano diventati quasi un privilegio di una parte di popolazione definita dalla cittadinanza o dal possesso di un determinato tipo di permesso.

La situazione si è ripresentata in maniera ancor più evidente anche nell’erogazione della nuova prestazione sociale dell’assegno unico universale per i figli (AUUF) di recente attivazione.

Anche in questo caso sono stati autorizzati a richiedere la prestazione tutti gli stranieri in possesso di un permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, escludendo di fatto tutti i cittadini stranieri con permessi rilasciati per asilo politico, protezione sussidiaria oppure casi speciali come violenze familiari oppure sfruttamento sessuale o lavorativo. Tutte persone quindi in oggettiva difficoltà sociale.

Una parte sensibile e debole di un gruppo di cittadini regolarmente residenti e abilitati a svolgere attività professionale viene escluso da una misura che, a detta di coloro che l’hanno redatta, aumenta la sfera dell’inclusività fornendo supporto e tutela anche a coloro che precedentemente ne erano esclusi.

Il paradosso finale di questa misura risiede nella fattiva esclusione pure di quei cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno rilasciato per lavoro autonomo (partite Iva, liberi professionisti, ecc)  che l’allargamento della platea di richiedenti della nuova misura si vanta di aver incluso ma che finiscono invece per non poter godere di tale prestazione in virtù della loro cittadinanza e del fatto che non hanno il permesso per lavoro dipendente, bensì autonomo.

L’auspicio è che la circolare esplicativa dell’INPS tenga conto di queste abnormi incongruità, evitando così il dovuto e scontato ricorso all’autorità giudiziaria, con il rischio che però la giustizia giustamente prevalga a partita chiusa. Anche stavolta, rimane comunque l’amaro in bocca pensando a quanto purtroppo tali temi finiscano troppo spesso per essere oggetto di strumentalizzazione politica ed in balia di opposte “tifoserie”

 

Dario Pitacco

CGIL Rovigo – responsabile settore immigrazione

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