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Cgil Rovigo: giovani e opportunità di lavoro in Polesine

Nelle ultime settimane si è sviluppata una discussione pubblica relativa alle difficoltà delle Aziende nel  trovare giovani disponibili al lavoro, in particolare in alcuni settori anche per la “stagione estiva”.

Tale discussione però ha finito spesso per alimentare l’idea fuorviante e superficiale che molti dei nostri giovani abbiano poca voglia di lavorare e fare sacrifici, aggiungendo che una parte del problema sia rappresentato dal reddito di cittadinanza.

Credo che affrontare in tale maniera questa interessante questione, con conclusioni affrettate, sia non corretto e finisca per allontanare dalla discussione le stesse nuove generazioni, dipinte come in realtà non sono.

Innanzitutto è giusto ricordare oggettivamente, fuori da inutili strumentalizzazioni , che su tale questione il reddito di cittadinanza ha un peso quasi nullo. La percentuale di giovani under 30 in Polesine che percepiscono il reddito di cittadinanza è bassissima, inoltre si finge di scordare che i percettori di reddito di cittadinanza non ottengono denaro ma una scheda elettronica caricata con diversi importi spettanti per acquisti di alimentari e beni di prima necessità. Una misura di vero contrasto alla povertà è presente in tutti i Paesi Europei ed era senza dubbio necessaria anche in Italia, lo abbiamo ancor più toccato con mano con la crisi legata alla pandemia (poi tutte le modifiche che possano prevenire abusi sono sacrosante) ed è bene ricordare che la grande maggioranza dei percettori di reddito di cittadinanza sono persone “fragili”, con grandi difficoltà al lavoro  e che necessitano quindi di specifici percorsi “dedicati” all’inserimento nel mercato del lavoro. Per questo sulla difficoltà delle imprese a reperire giovani lavoratori il reddito di cittadinanza di fatto ha attinenza quasi nulla.

Credo sarebbe invece molto utile partire da una seria analisi del mercato del lavoro locale (compreso l’impatto in tal senso dell’arrivo di Amazon in Polesine, soprattutto sulle qualifiche professionali “medio-basse”), coinvolgendo le stesse scuole in termini di orientamento al lavoro e, attraverso i Centri per l’Impiego, gli stessi giovani alla ricerca di lavoro per comprenderne bene bisogni, disponibilità, attitudini e ragioni di quanto accade dal loro punto di vista.

Senza generalizzare, esiste certamente – particolarmente in alcuni settori – pure il problema del corretto trattamento economico e contrattuale nei confronti dei lavoratori. E’ scoraggiante, soprattutto per un giovane che  si affacci al mondo del lavoro, lavorare 10/11 ore al giorno e vedersene retribuite forse 8, essere inseriti al lavoro con contratti di lavoro intermittente che di intermittente hanno poco o con finti tirocini mal retribuiti e senza contributi previdenziali che mascherano nei fatti un lavoro dipendente ( i dati del nostro Ufficio Legale di Rovigo sono a disposizione: sul totale annuo di vertenze di lavoro per non corretto trattamento retributivo o contrattuale- o peggio -almeno il 35% arriva solo dai settori dei servizi-ristorazione-turismo come macro-aree). Altro che scarsa voglia di lavorare.

In Polesine come nel resto d’Italia,  è ormai chiaro quanto come OOSS denunciamo da anni: il fenomeno del “lavoro povero” è ormai una priorità anche sociale da affrontare; oltre il 12% dei lavoratori è dentro la soglia della povertà pur avendo un lavoro, 4,5 milioni di lavoratori percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora e 3,5 milioni restano nel sommerso.

Tutto ciò non finisce certo per rendere attrattive soprattutto alcune tipologie di lavoro.

Non va inoltre scordato che  con la pandemia molte persone che lavoravano come “stagionali”, soprattutto nel turismo e ristorazione, hanno finito per trovare occupazione in altri ambiti trovando anche più conveniente uscire dal circuito della stagionalità.

Pertanto investire sull’orientamento serio e costante, a partire fin dalla scuola, per accompagnare i giovani alla scelta consapevole anche verso alcune attività oggi meno considerate ma che possono essere invece gratificanti anche professionalmente se coincidenti con le vere attitudini di ciascuno/a, su un approfondito e costante monitoraggio del mercato del lavoro locale (anche in funzione dell’orientamento stesso e dei percorsi scolastici e formativi), praticare una corretta politica retributiva e contrattuale senza scorciatoie, con tutti gli attori territoriali in campo (Istituzioni, Enti e parti sociali) credo sarebbe la vera risposta, utile a tutte/i, per affrontare e tentare di risolvere le problematiche di cui tanti si discute, abbandonando così luoghi comuni che rischiano solo di polarizzare la discussione, essere fuorvianti per gli stessi nostri giovani ed acuire i problemi invece di aiutare a risolverli.

Pieralberto Colombo – segretario generale Cgil Rovigo

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