A Vicenza si è tenuta lo scorso 15 aprile una partecipata manifestazione in difesa della sanità pubblica. In concomitanza sono state realizzate molte iniziative; tra queste la proposta di un questionario finalizzato a comprendere quale percorso devono fare i cittadini bisognosi di una prestazione sanitaria: dalla visita presso il Medico di Medicina Generale e la prenotazione, fino all’ottenimento della risposta.
Il questionario presentava complessivamente 15 domande, era compilabile in cartaceo oppure online su una piattaforma dedicata. Ai partecipanti è stato chiesto di riferire l’esperienza avuta nell’ultimo anno, per una o più prestazioni di cui necessitavano.
Proposto inizialmente nel territorio dell’Ulss 7 Pedemontana, è stato poi esteso a tutta la Regione.
Quella presentata oggi è la prima rielaborazione dei dati raccolti ed è relativa a n. 1700 questionari compilati.
I grafici con tutti i dati presentati sono in allegato.
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Le risposte raccontano che accedere ai servizi per una valutazione clinica di un problema sanitario diventa sempre più una corsa ad ostacoli.
La complessità inizia con il soggetto a cui rivolgersi: la maggioranza delle persone continua ad identificarlo con il Servizio Sanitario Nazionale, ma nella pratica deve districarsi tra i tanti soggetti nuovi arrivati dal privato. Appare di tutta evidenza quindi che, volenti o nolenti, i cittadini veneti sono costretti ad utilizzare un sistema misto.
Il primo scoglio del percorso è rappresentato oramai anche dal Medico di Medicina Generale (MMG), per il quale l’attesa si è generalmente allungata, e se la maggioranza ha accesso dopo una settimana, c’è una fetta consistente che deve aspettare un tempo davvero inaccettabile (fino ad un mese e più).
Il secondo “rallentatore” è poi il servizio di prenotazione. Il Call Center è il mezzo preferito (come indicato prioritariamente dalle politiche ULSS), ma l’attesa è davvero estenuante (la maggioranza aspetta da 11 a 30 minuti) e davvero troppe (18%) sono le persone che non riescono a prendere la linea.
Ma il peggio viene dopo, quando 3/4 delle persone affermano di essere stati messe in lista di attesa. E quanto hanno aspettato? Le risposte sono sorprendenti: solo il 25% di loro ha avuto una risposta nei tempi indicati dal MMG, la maggioranza ha aspettato da 4 settimane a oltre 3 mesi in più, e una percentuale molto consistente ha rinunciato perché stava passando troppo tempo. Questi ritardi nella diagnosi si traducono spesso, purtroppo, in un aggravamento della prognosi, con prolungamento delle cure, maggiori disagi per la persona e maggiori costi per la spesa pubblica.
Per quanto riguarda il soggetto erogatore, trattandosi di prestazioni fornite dal pubblico, con pagamento solo del ticket se dovuto, appare evidente un importante utilizzo del privato convenzionato: solo il 35% difatti ha ottenuto le prestazioni presso strutture del SSN, il resto o in sistema misto o esclusivamente in strutture convenzionate. È il frutto della scelta della Regione di abbattere le liste d’attesa puntando sull’acquisto di ingenti quantità di prestazioni dal privato.
Ma non bastano a soddisfare il bisogno: tra coloro che non sono riusciti ad ottenere la prestazione dal SSN, ben il 73% ha pagato di tasca propria la prestazione andando a chiederla al privato. Questo è accaduto per il 50% delle persone per ben 2/3 volte nello scorso anno, per altri anche molto di più. Ma quante famiglie potranno sostenere anche in futuro spese aggiuntive così elevate? Preoccupa molto poi il restante 27% che già adesso ha rinunciato alla prestazione.
In questo modo il diritto alla salute diventa esigibile solo se c’è una capienza economica, ed è chiaramente in contrasto con quanto espresso nella Costituzione Italiana.
Potrebbe sorprendere quindi il risultato sul livello di soddisfazione delle prestazioni ricevute, sul quale le persone esprimono generalmente un giudizio di positività. Questo è dovuto (come raccontato nei molti appunti lasciati nei questionari) non a una valutazione del sistema sistema, complessivo, ma al rapporto con il medico che ha effettuato la prestazione. D’altronde, la mancanza di punti di riferimento nel SSN disorienta l’utente che, di conseguenza, pur di avere una valutazione, si aggrappa a chi riesce a dargli una risposta in tempi brevi, anche se frammentata e a pagamento. Spesso, poi, nel privato le persone ritrovano i professionisti che avevano già incontrato nel pubblico e di cui avevano fiducia.
L’ultima risposta infine, che riguarda il come migliorare, è un plebiscito su “aumentare le risorse per il pubblico”. I desideri dei cittadini tuttavia non sembrano incontrare le azioni della Regione, che invece di puntare su obiettivi strutturali di medio-lungo periodo, capaci di modificare l’assetto dei servizi, continua a trattare il problema come fosse una temporanea emergenza, destinando risorse che andranno principalmente ad acquistare prestazioni dal privato. Anche gli ultimi 29 milioni, stanziati il 14 luglio, paradossalmente non serviranno a diminuire le liste di attesa, ma solo ad ingrossare il già fiorente mercato privato.