È già trascorso un anno da quando Vittorio Sega ci ha lasciato.
È venuto meno dieci giorni dalla morte di Elios Andreini al quale era fortemente legato da antica frequentazione politica e personale.
Negli ultimi anni causa la lenta ma inesorabile malattia, è stato costretto ad essere lontano dai suoi impegni, dai suoi interessi, ma la sua presenza in Città si continuava a farsi sentire per le attività che aveva creato ed impostato e anche per i forti tratti di entusiasmo e passione che si percepivano in tutte le situazioni in cui si impegnava.
Fossero esse il Circolo del Cinema, l’Associazione Partigiani od ogni altra un’iniziativa culturale e politica.
Ora, superata l’emotività dei primi giorni dalla morte, è possibile tentare di dare una valutazione più compiuta ed articolata della sua azione politica ed istituzionale.
Vittorio Sega fu una figura importante ed innovativa nelle vicende della nostra Provincia negli anni settanta.
Fu importante per il suo Partito, il Partito Comunista che grazie la sua direzione seppe trasformarsi da forza essenzialmente protestataria ed antisistema in una moderna ed adeguata classe dirigente nel territorio e in tantissime istituzioni locali.
Fu importante per il Polesine in quanto fu uno dei principali artefici di un nuovo rapporto tra le principali forze politiche e sociali che si poneva l’obiettivo di una trasformazione della nostra economia, da una vocazione prettamente agricola ad una più industrializzata che garantisse la piena occupazione e l’elevamento delle condizioni di vita della popolazione.
Vittorio Sega è stato una persona importante per me, mi ha iniziato e accompagnato nell’impegno politico e alle conseguenti mie scelte di vita.
Tantissimi sono i ricordi che affiorano nella mia mente, dalle sue telefonate laconiche con cui mi comunicava scelte importanti, ai pranzi con i dirigenti nazionali del partito dove toccava sempre a me iniziare i discorsi.
Ricordo, con grande intensità, quella notte, le telefonate concitate tra me, Vittorio ed Elios quando fummo informati della gravità del malore che aveva colpito Enrico Berlinguer durante il comizio a Padova. C’eravamo tutti e tre quella sera in piazza della Frutta.
Il mattino seguente ci trovammo in Federazione a Rovigo per organizzare prima la vigilanza davanti all’ospedale di Padova e poi i funerali.
Tutti e tre, ricordo, che per un momento quasi meccanicamente ci fermammo, in silenzio ed ognuno aveva lo sguardo in una direzione diversa.
Avvertimmo, forse, il presentimento subconscio che niente nel Partito sarebbe rimasto come prima. Era vero.
Subentrò, poi, la stagione delle amarezze, delle sconfitte, delle divisioni.
Il distacco politico con Vittorio fu netto anche se tra noi, credo, mai venne meno il rispetto e l’affetto reciproco.
Ho incontrato Vittorio, lo stesso che avevo conosciuto nella mia prima parte di militanza, dopo che aveva smesso il suo percorso politico-partitico diretto.
Ritornò, in quegli anni, ad una delle sue maggiori passioni che sempre l’hanno animato oltre alla politica, la cultura ed il cinema.
Dimostrò intuizione e capacità organizzative non comuni anche in questo contesto, infatti ha dato vita al Circolo del Cinema e a molteplici iniziative culturali.
Negli ultimi anni ci siamo riavvicinati, ci siamo ritrovati, è stato bello.
Abbiamo verificato che la nostra visione del mondo erano rimasta intatta rispetto a quando avevamo smesso di frequentarci ma con un elemento importante in più, il disincanto verso certe situazioni della vita.
Ho ammirato sempre la passione e l’entusiasmo che metteva nelle cose in cui credeva, qualità queste che anch’io ho cercato di imparare da lui.
Un abbraccio affettuoso a Juri e Lidia.
Adria, 16 giugno 2023
Gino Sandro Spinello