Tra sgarbi e sgambetti, le previsioni dell’architetto Pietropoli sul nuovo Palazzo di giustizia rodigino
Anni addietro, agli inizi della sua carriera, Lucio Dalla tenne un concerto a Rovigo; l’accoglienza fu tiepida dato che la città sembra avere l’attitudine di restare in attesa dei giudizi positivi che provengono da realtà più importanti piuttosto che esprimersi con l’azzardo vitale di un talent scout.
Lucio Dalla ricambiò con un pensiero mesto sulla città: “Rovigo è bellina… ma è come una valigia di misura sbagliata, non si riesce a farci stare bene nulla…”.
Analogamente alcuni decenni addietro il Sindaco e il Presidente della Provincia chiesero udienza a Venezia all’On. Bernini ma appena si accomodarono davanti al Presidente della Giunta Regionale diedero inizio a una diatriba piuttosto accesa lasciando l’ospite immattonito; alla fine l’On. Bernini intervenne in dialetto veneto: “…tosi, quando ve sarì messi d’accordo torné ché ve scoltarò”. È inutile dire che Sindaco e Presidente della Provincia persero il finanziamento perché non tornarono a Venezia. Tra le molte caratteristiche dell’homus provincialis vi è il desiderio spasmodico di fare bella figura confondendo l’effetto – cioè la bella figura – con la causa che è l’azione meritevole di apprezzamento e considerazione.
Il penultimo sindaco di Rovigo fu molto ammirato per i suoi bellissimi occhi azzurri – la bella figura – ma a metà mandato i suoi stessi correligionari “lo sfiduciarono” a causa della scarsa attitudine a gestire la cosa pubblica. Il testimone che egli lasciò alla città avrebbe fatto tremare le vene e i polsi… e non si trattava solo di una lupa dantesca: casse comunali vuote, opere pubbliche che non potevano essere rimandate, una politica sociale da ridisegnare totalmente, l’incubo di contenziosi che, se persi, avrebbero decretato la bancarotta della città e molto altro… Sul filo del rasoio fu eletto un sindaco di colorazione opposta all’Amministrazione precedente ma anche – e qui sta un problema – di composizione multicolore cioè espressione di un partito istituzionale e di due liste civiche. A due anni di distanza molto lavoro è stato fatto e molto ne resta da fare: la macchina si è riavviata nonostante avesse alle spalle alcuni anni di sonno operativo e si potrebbe sperare in risultati importanti se non fossero gettate con puntuale tempistica manciate di sabbia negli ingranaggi istituzionali.
Naturalmente le manciate di sabbia negli ingranaggi avvengono con regolarità teutonica nei momenti in cui è richiesta la massima compattezza alla compagine di governo; esse sembrano essere il parto di una volpe politica (Zorro in spagnolo) che piazza i suoi fendenti con una benda sugli occhi piuttosto che la classica mascherina nera.
Il primo inciampo è stato la vicenda del nuovo tribunale; l’opinione pubblica si è scatenata in una polemica che ha visto rossi e neri difendere il mantenimento del tribunale all’interno del centro storico pubblicamente certificato come centro inalienabile e immodificabile. Bisogna precisare che puntando il compasso sulla testa di Vittorio Emanuele con apertura di 350 metri si descrive una circonferenza che contiene tutto il centro cittadino come dire che solo una città di paraplegici – absit iniuria verbis – ha necessità di intervenire massimamente e con valide motivazioni sui tragitti di percorrenza… Non è stato difficile imporre/proporre all’opinione pubblica le posizioni di una difesa granitica affinché “la Giustizia resti in centro storico”; quanti caffè e bioches perderanno i bar di via Mazzini e quale sarà il tempo degli spostamenti degli avvocati dai loro studi al Tribunale sino ad oggi collocato “sotto casa”?
Le ipotesi della caserma Silvestri dismessa (ben 550 metri dal Re Galantuomo), dell’ex Ospedale Maddalena (950 metri dal buon Vittorio) o quella dell’ex sede della Banca d’Italia (550 metri dalla statua già menzionata) sono viste con orrore ed è scartata senza alcun approfondimento l’area migliore in assoluto che è quella del “Don Bosco/ASM” ottima per possibilità/libertà edificatorie e per la vicinanza alla stazione FFSS e a quella degli autobus. Restano solo – si fa per dire – le ipotesi della ristrutturazione dell’attuale Tribunale e quella dell’ex caserma Gattinara (Ok! 250 metri dal centro!).
L’ipotesi della ristrutturazione dell’attuale Tribunale – non disprezzabile – diviene una anatra zoppa con la decisione del Ministero di costruirvi il nuovo carcere minorile nel posto di quello vecchio adiacente mentre quella della ex Caserma Silvestri viene scippata dall’archivio notarile, da quello di Stato e dalla sede del Demanio; la Banca d’Italia presuppone l’acquisto dell’edificio della Provincia e i costi di ristrutturazione superano l’edificazione ex novo… resta l’ipotesi dell’ex caserma Gattinara che s’impappina in alcuni fatti di rilevanza obiettiva: non c’è alcuna possibilità di sviluppi futuri, l’area è delicatissima dal punto di vista archeologico, è adiacente alla fabbrica più insigne di Rovigo (il Duomo di Santo Stefano) e, non ultimo, non ha praticamente accessibilità né possibilità di affacciarsi sulle pubbliche vie… come dire: una giustizia inaccessibile e… celata. Ma sembra che questa sia ormai l’ipotesi vincente approvata anche dalla massima autorità cittadina in fatto di Giustizia e ora promossa a massimo urbanista.
Nei momenti in cui è richiesta la maggior compattezza l’anima cittadina esprime la sua volpe politica (… lo Zorro di cui si diceva…) e le sue mosche cocchiere che lanciano generose secchiate di sabbia negli ingranaggi.
Ad oggi delle due una : o la macchina amministrativa s’incepperà irrimediabilmente nella lotta tra volpi e laboriosi amministratori oppure partorirà un Palazzo di Giustizia nato sotto una cattiva stella e figlio anchilosato di una volpe (Zorro) di provincia.
Guido Pietropoli