Venerdì 26 gennaio, nella sala consiliare della Provincia di Rovigo, si è tenuta la cerimonia organizzata in occasione del Giorno della Memoria. La giornata istituita in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.
Dopo i saluti e gli onori di casa da parte del presidente della Provincia, Enrico Ferrarese, è intervenuto il sindaco Edoardo Gaffeo.
Di seguito il suo intervento
Siamo qui oggi, in occasione del Giorno della Memoria, per riflettere e onorare la memoria di coloro che hanno subito la persecuzione e l’orrore dell’Olocausto. Questa giornata ci invita a ricordare non solo gli eventi che hanno segnato la pagina più buia del grande libro dell’umanità, ma anche a interrogarci sulle lezioni che possiamo trarne per il nostro presente e il nostro futuro.
Il tema che desidero affrontare oggi è la potenza della parola, e come essa possa essere usata per creare narrazioni perverse che, nel corso della storia, hanno portato a drammatiche conseguenze. La parola, uno strumento in grado di costruire ponti, connettere culture e promuovere la comprensione reciproca, può altresì essere trasformata in un’arma per la delegittimazione, l’isolamento, la deumanizzazione e, infine, l’esposizione all’odio pubblico di chi è “altro da sé”.
Quando osserviamo il passato, vediamo chiaramente come l’uso manipolatorio della parola abbia nei secoli giocato un ruolo chiave nella preparazione alla discriminazione, alla riprovazione sociale, all’isolamento ed infine al tentativo di annientamento del popolo ebraico. Una narrazione fraudolenta e pervasiva, tesa a dipingere gli ebrei come estranei, nemici da temere e da disprezzare, in grado di alimentare una poderosa macchina dell’odio.
Anche nella Germania nazista l’utilizzo dei periodici di stampa popolare come “Der Stürmer”, attraverso cui diffondere a getto continuo articoli diffamatori, vignette disumanizzanti e illustrazioni razziste, fu pervasivo. Così come lo fu l’utilizzo del termine “arianizzazione”, codificato addirittura nell’architettura giuridica nazista quale giustificazione legalistica per il furto sistematico di beni e proprietà degli ebrei. Una narrativa aberrante, finalizzata a dipingere il popolo ebraico come una autentica minaccia economica, culturale, addirittura fisica per la nazione tedesca.
Questi esempi ci ricordano la potenza della parola e della propaganda nel plasmare le opinioni pubbliche e giustificare azioni discriminatorie. Ci richiamano alla responsabilità collettiva di contrasto alla diffusione di odio e discriminazione, impegnandoci per un mondo in cui invece la diversità sia valorizzata come ricchezza e la dignità di ogni individuo sia rispettata.
È importante infatti riconoscere che questa tecnica retorica non è rimasta relegata al passato. Ancora oggi, assistiamo a fenomeni simili in cui la parola viene usata come arma per alimentare intolleranza e disprezzo. Un fenomeno che trova una straordinaria cassa di risonanza nelle piattaforme digitali e social. L’utilizzo di discorsi divisivi, l’identificazione degli “altri” come minacce, la diffusione di stereotipi infamanti sono tutte manifestazioni di una strategia che ha il potenziale di minare alle basi la convivenza civile.
Guardiamo, ad esempio, alle crescenti manifestazioni di intolleranza basate su razza, religione, orientamento sessuale o provenienza. La parola, più ancora dei gesti, può essere usata per etichettare, stigmatizzare e isolare intere comunità, creando divisioni profonde che mettono a rischio la nostra coesione sociale.
Come cittadini responsabili, dobbiamo essere vigili e consapevoli di come la parola possa essere manipolata per fini nefasti. Dobbiamo impegnarci a promuovere un dialogo costruttivo, a sfidare le narrazioni dannose e a lavorare insieme per costruire una società inclusiva, basata sulla comprensione reciproca e sulla tolleranza.
In questo Giorno della Memoria, riaffermiamo il nostro impegno a non dimenticare, ma anche a combattere attivamente contro qualsiasi forma di odio e discriminazione. La parola può essere un potente strumento di cambiamento positivo, e spetta a noi utilizzarla per costruire un futuro in cui la diversità sia celebrata e la dignità di ogni individuo sia rispettata.