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L’organo della Rotonda, come una farfalla nel vento primaverile

Il concerto d’organo che non ti aspetti: frizzante, multicolore, a variazione di ritmo continuo, come il batter d’ali di una farfalla nell’aria di primavera. Così è stato il concerto che si è svolto mercoledì 27 dicembre al Tempio La rotonda di Rovigo per il Festival Antichi organi del Polesine diretto dal maestro Nicola Cittadin: organizzato da Asolo musica, Mic, Regione Veneto, Fondazione Rovigo Cultura, col patrocinio della Diocesi di Adria Rovigo e della Provincia di Rovigo ed il contributo del Comune di Rovigo. L’evento ha testato per primo, l’efficacia “pittorica” del nuovo impianto luci inaugurato da pochi giorni, che esaltando dolcemente i dipinti e gli stucchi dei Seicento, ha contribuito alla piacevolezza della serata.

Vasto e diverso per età, il pubblico presente, che per disposizione della direzione artistica, ha lasciato scorrere i brani in trasognato silenzio, scoppiando solo alla fine, in un prolungato e scrosciante applauso.

Ad esibirsi alla consolle dell’organo costruito da Gaetano Callido nel 1767, il più antico del Polesine, il maestro spagnolo Antonio del Pino, organista della Cattedrale “La Manquita” di Malaga; in assolo, alternato all’accompagnamento con la giovane soprano romana, Giulia Ferraldeschi.

Il programma musicale davvero inconsueto per non dire unico (almeno per il Polesine), presentava tutti autori spagnoli tratti da manoscritti originali conservati nell’Archivio musicale Capitolare della Cattedrale di Malaga. Quindi spartiti difficili, sia per l’organista che per la voce, in quanto non sono composizioni strutturate, ma libere, come degli appunti musicali che contengono idee fermate sulla carta quando sono ancora in volo, e che perciò variano continuamente di ritmo e sonorità, creando involontari trabocchetti agli esecutori. Una corsa colorata tra Cinquecento (Antonio de Cabezòn), Seicento (Pablo Bruna) e Settecento (Juan Francés de Irribarren) dove il Callido ha raggiunto la massima valorizzazione di Flauti e Cornetta, producendo un suono cristallino e pulito, forte e delicato nello stesso tempo. Un grande Del Pino ha tirato fuori tutta la potenzialità del piccolo Callido, con tocco leggero, ma ben definito, senza alcuna incertezza, e soprattutto, con una mobilità e velocità sulle dita davvero sorprendenti. “Non si sono accorti che eravamo in playback…”. Ha commentato l’organista, con la sua simpatia iberica, dopo il bagno di applausi ricevuto. Ad alternare i brani in assolo, c’era la voce tonda, fresca, potente e multi-espressiva della giovane soprano romana Giulia Ferraldeschi. Una vocalità forte e un timbro argentino in una figura femminile tanto esile, che quasi sorprende. Un concerto che è volato via in un battito, come una folata di vento primaverile.

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