

Rovigo “zona rossa” per i prossimi tre mesi. Nel nostro intervento in consiglio comunale, il 30 luglio, abbiamo rimarcato come la repressione da sola non sia sufficiente, senza un lavoro quotidiano e necessario sul fronte dell’integrazione e della risposta da dare alle situazioni di marginalità sociale. Siamo sicuri che creare un clima da assedio sia funzionale al miglioramento della qualità della vita della nostra città? E quanto potrà durare, poi, questa situazione di emergenza? Parlare di nuova stagione per la sicurezza e, contemporaneamente, mettere fine al Sistema di accoglienza e integrazione dopo 24 anni equivale a ignorare il problema, è pensare di risolvere il problema nascondendo la testa sotto la sabbia. Stessa cosa si può dire per la rinuncia al contributo destinato alla lotta contro il caporalato, una piaga che – come sappiamo – riguarda anche territori come il nostro ed è particolarmente insidiosa nell’ambito dell’agricoltura.
Ancora in merito alle zone rosse, poi, nonostante il sottosegretario della Lega Molteni abbia ribadito come “il Veneto sia una delle regioni dove sono state più adottate e come siano risultate gradite dai cittadini”, ci permettiamo di esprimere i nostri dubbi e le nostre perplessità: nel merito perché ci pare uno strumento che, eventualmente, potrebbe adattarsi alle dimensioni e alla criticità endemiche di ben altri contesti metropolitani, ma anche perché troppo alto è il rischio – specialmente se la misura è destinata ad essere reiterata – di creare “ghettizzazioni” e situazioni di esclusione.
Occorrerebbe piuttosto rovesciare la questione e, per prevenire realmente nuovi gravi episodi, tornare ad investire nell’assistenza e nei servizi pubblici, eliminando o almeno circoscrivendo il più possibile l’area dell’emarginazione e dell’esclusione. Del resto, sempre in merito alle zone rosse, non sono mancate le osservazioni che hanno messo in dubbio la stessa legittimità dello strumento, soprattutto a causa di una certa vaghezza dei criteri che verrebbero adottati e, ad esempio, per la “grande flessibilità nella valutazione del livello di pericolosità e minacciosità di una certa persona” (quotidiano Il Post, 30 dicembre 2024).
Vediamo quello che sta accadendo in giro per l’Italia in queste settimane.
Magistratura democratica (Md), per bocca di Stefano Celli: “Io non sono un moderato, sono moderatissimo. Ma mi stupisce come questa ordinanza stia sollevando così poche critiche da parte della cittadinanza. Abbiamo rilevato profili di incostituzionalità. Sicuramente una violazione dell’articolo 16 e dell’articolo 13. Queste ordinanze potrebbero rappresentare un’estensione indebita dei poteri locali, minando il bilanciamento tra sicurezza e garanzie costituzionali. Sebbene queste criticità non emergano subito, potrebbero avere gravi ripercussioni nel tempo. Non c’è bisogno di istituire una zona rossa che allontana ancora di più chi è già emarginato, se qualcuno commette un illecito le forze di polizia devono intervenire. Ci vogliono concessioni autorevoli, non autoritarie» conclude Celli”.
La Camera penale di Milano nel documento del 30 dicembre 2024, relativamente al provvedimento del 27 dicembre scorso, con il quale il Prefetto di Milano ha istituito zone rosse: “Come giuristi non possiamo che richiamare, da un lato, il disposto dell’articolo 16 della Costituzione, secondo il quale ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza, mentre nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche; e, dall’altro lato, il disposto dell’articolo 13 della Costituzione, secondo il quale non è ammessa nessuna forma di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria. Il divieto di accedere a determinate zone della città e l’allontanamento forzoso, in caso di violazione del divieto, sono rivolti ai soggetti che assumano atteggiamenti aggressivi e minacciosi, ma anche semplicemente ‘molesti’, i quali risultino destinatari di mere ‘segnalazioni’ all’Autorità giudiziaria per un’amplissima categoria di reati (contro il patrimonio, contro la persona, in materia di stupefacenti, danneggiamento, porto di oggetti atti a offendere e altri) e comunque ostacolino la piena fruibilità delle infrastrutture del trasporto e delle aree urbane individuate. Si tratta di evidenti compromissioni della libertà di circolazione e della libertà personale, adottate in forza di un’ordinanza prefettizia ed eseguite a discrezione delle forze di polizia nell’individuarne i destinatari, con espresso pregiudizio verso le persone migranti, in palese violazione delle riserve di legge e di giurisdizione costituzionalmente garantite a presidio delle libertà fondamentali”.
L’Unione delle camere penali e la camera penale di Roma hanno impugnato l’ordinanza prefettizia che “collide frontalmente con il rispetto dei diritti fondamentali e sovverte il normale rapporto tra cittadino e autorità pubblica”. In uno Stato di diritto, leggiamo “la ‘fruibilità degli spazi pubblici da parte dei cittadini, dei turisti e dei pellegrini’ non può infatti giustificare una illogica limitazione del diritto di libera circolazione di determinate categorie di individui a ‘discrezione’ delle forze di polizia”. La comunità di penalisti, allertata da quella che viene descritta come un'”impostazione populista e securitaria” ha ritenuto opportuno opporsi, per “rivendicare il rispetto dei principi costituzionali a fronte di iniziative che segnano il decadimento della cultura dei diritti individuali e delle libertà democratiche” (Roma Today, 8 marzo 2025).
Ad essere messa in questione, poi, è anche l’eventuale durata oltre i tre mesi della zona rossa. A Napoli, proprio in queste ore, il Tar della Campania ha accolto i ricorsi, bocciando le “zone rosse” istituite mesi addietro. La motivazione principale risiede nella proroga dei divieti, inizialmente previsti per soli tre mesi (da dicembre a marzo) ma via via estesi fino a nove mesi. I giudici campani hanno sentenziato che “la duplice proroga implica la violazione del principio della temporaneità degli effetti dei provvedimenti urgenti”, ritenendo che un provvedimento straordinario non possa assumere un carattere tendenzialmente permanente per far fronte a problemi ordinari e stratificati. La sentenza del Tar Campania ha annullato l’ordinanza prefettizia napoletana, definendola “illegittima e lesiva dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale”.
Per i comitati contrari all’istituzione delle zone rosse la scarsa efficacia delle zone rosse si basa sulla percentuale dello 0,92% degli allontanamenti sui controlli effettuati. La critica all’uso di strumenti emergenziali per problemi strutturali delle grandi città, si basa su quello che viene definito come il “pugno forte” di una scorciatoia propagandistica (Il Roma, 31 luglio 2025).
E potremmo proseguire…
Diego Crivellari
Consigliere comunale