Che il Sistema Sanitario Nazionale sia “malato” è un dato certificato da tutto e da tutti, che il DDL Calderoli sull’Autonomia Differenziata rischi di dargli il colpo definitivo del ko è altrettanto preventivato da decine e decine di studi di realtà altamente qualificate, italiane e non, che non possono essere accusate di essere di “parte”.
Il problema è che abbiamo una classe politica che preferisce “vivere il momento” piuttosto che programmare il futuro e il momento è anche quello di “dare per avere”: il “Presidenzialismo a te, l’Autonomia Differenziata a me”. Non è importante valutare le conseguenze, le gestiranno altri. Inoltre anche le opposizioni su questi due temi non hanno mostrato nel recente passato di avere unità d’intenti tanto da presentare in alcuni casi loro stesse proposte di presidenzialismo o di autonomia differenziata.
Ma torniamo all’Autonomia Differenziata e a quanto questa graverà in maniera fortemente negativa sul SSN. Già oggi i divari tra nord e sud nei Sistemi Sanitari Regionali sono immensi e continuano a crescere riducendo sempre più quel concetto di equità e universalità verso le persone sancito dalla nostra Costituzione.
Lo vediamo attraverso il grado di rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) o alle liste d’attesa o nell’aspettativa di vita o nella “mobilità sanitaria”. E così a Trento una persona ha una aspettativa di vita molto più alta della media nazionale e di oltre tre anni rispetto ad una persona che vive a Napoli; ma anche la sua qualità della vita della persona anziana (come testimoniano le ultime ricerche) a Trento è favorita grazie alla prevenzione e all’inclusione che porta ad esempio anche alla media più bassa di assunzione farmaci (tema da sempre sottolineato dal prof. Garattini).
La “mobilità sanitaria” dal sud al nord ha causato un saldo negativo, nel decennio 2010-2021, di oltre 13 miliardi per le regioni del sud, a vantaggio di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto che hanno un saldo ampiamente positivo. Per non parlare poi delle maggiori difficoltà dei Sistemi Sanitari delle regioni del sud rispetto alle strutture, al personale, alle case di comunità, all’assistenza domiciliare integrata. Vogliamo poi vedere quali sono le regioni dove la sanità è commissariata (Calabria e Molise) e analizzare il fatto che tutte le regioni del sud stanno affrontando “piani di rientro”
Dunque grazie a questa “deforma” ci troveremo da un lato ad avere meno risorse dal finanziamento pubblico (si veda l’andamento previsto della spesa sanitaria nel DEF rispetto al Pil, già sotto la media europea, che passerà dal 6,4% del 2024 al 6,3% nel 2025-26 e al 6,2% nel 2027) e dall’altro lato con l’Autonomia Differenziata le Regioni potranno trattenersi il gettito fiscale senza redistribuirlo solidarmente ampliando dunque il divario nord sud.
E’ qualcosa di talmente semplice e plastico che dovrebbe rendere irricevibili le presunte “parole rassicuranti” su una Autonomia che ridurrebbe le disuguaglianze.
Ad esempio, se parliamo di personale, già oggi ci troviamo di fronte ad una continua fuga verso l’estero di medici e infermieri verso l’estero (oltre 49.000 ad esempio nel triennio 2020-2021 come riporta “Quotidiano Sanità”), immaginatevi che cosa succederà nel nuovo quadro di autonomia contrattuale del personale tra le regioni più ricche del nord e quelle più povere del sud: fuga interna di personale sanitario, aumento della mobilità sanitaria. E in questi “bachi” creati dall’Autonomia il Privato troverà ulteriore spazio di crescita.
Il presidente di Fondazione Gimbe, Nino Cartabellota, inoltre parla di un altro problema che sembra non cogliere la dovuta attenzione: “L’ulteriore indebolimento dei servizi sanitari nel Mezzogiorno rischia di generare un effetto paradosso nelle ricche Regioni del Nord che, per la grave crisi di sostenibilità del SSN, non possono aumentare in maniera illimitata la produzione di
servizi e prestazioni sanitarie.
Di conseguenza un massivo incremento della mobilità verso queste Regioni rischia di peggiorare l’assistenza sanitaria per i propri residenti. In tal senso una “spia rossa” si è già accesa in Lombardia che nel 2021 si trova sì al primo posto per mobilità attiva (€ 732,5 milioni), ma anche al secondo posto per mobilità passiva (-€ 461,4 milioni): in altre parole un numero molto elevato di cittadini lombardi va a curarsi fuori Regione”.
Insomma l’Autonomia Differenziata amplierà le diseguaglianze in Sanità tra le/i cittadine/i italiane/i, ci sarà un peggioramento della qualità dell’assistenza sanitaria sia nelle regioni più deboli ma anche in quelle più ricche che si troveranno travolte dalla mobilità sanitaria, causando il tracollo definitivo del Servizio Sanitario Nazionale e l’inserimento sempre più progressivo del
Privato.
E’ importante dunque una mobilitazione di tutte e di tutti a difesa dell’uguaglianza e della solidarietà che sono il centro di un paese realmente democratico e civile e non egoista e fautore della “legge del più forte”
Massimo Cortesi
Presidente Arci Lombardia e Referente Nazionale Arci per la Salute e la Memoria post Covid