Una sanità pubblica sempre meno attenta ai bisogni dei cittadini e una tanto attesa legge sulla non autosufficienza ben lungi dal rispettare le aspettative. E’ il quadro emerso questa mattina dal Consiglio generale della Fnp Cisl Padova Rovigo tenuto all’hotel Petrarca di Montegrotto, iniziato con un pensiero alla pace e uno alla sicurezza sul lavoro, espressi dal segretario generale Giulio Fortuni. Entrando nel vivo del tema all’ordine del giorno, Fortuni ha sottolineato gli elementi che caratterizzano la crisi della sanità: «Prestazioni bloccate, con 72.000 galleggiamenti a Padova e 18.000 a Rovigo e un massiccio ricorso alla sanità privata per chi può permetterselo, richieste aumentate del 12%, carenza di personale, lavoro sanitario sempre meno appetibile, soprattutto nel pubblico, sia per medici che per infermieri e oss, carenza di medici di famiglia, di programmazione, di finanziamenti. In Italia la spesa sanitaria è pari al 6,2% del Pil, con una spesa pro capite di 3.250 euro a persona contro una media europea di 4.150, che ci colloca al 16esimo posto in Europa. I tagli hanno comportato il blocco delle assunzioni, la carenza di dotazioni tecnologiche e i tagli ai posti letto. In questo quadro sembra venire meno l’art. 32 della Costituzione sul diritto alla salite e la legge 833 firmata da Tina Anselmi che ha sancito al diritto alla cura». Non va meglio per la non autosufficienza. Fortuni ha ricordato il record di decessi nelle case di riposo durante il Covid. «Una strage annunciata, di una popolazione sempre più anziana, più fragile». Sul piano economico, pe effetto della crisi energetica le tariffe delle case di riposo sono aumentate e hanno superato le 2mila euro al mese. Nelle nostre due Ulss mancano oltre 1.200 impegnative di cura. La Regione promette di incrementare gli investimenti. Cresce l’utenza dei non autosufficienti. In provincia di Rovigo gli ultra65enni sono il 27% della popolazione e il Comune di Padova detiene il record regionale per numero di ultraottantenni».
La situazione socio-sanitaria delle Ulss5 e Ulss6 è stata quindi illustrata dalla segretaria territoriale della Cisl Padova Rovigo Stefania Botton: «Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni – ha esordito – hanno tagliato sulla Sanità in genere e sui posti letto negli ospedali. La Cisl Padova Rovigo, a livello territoriale, ha cercato di dare supporto alle nostre federazioni regionali che hanno combattuto per la possibilità di un confronto. Nel 2023 abbiamo organizzato una serie di manifestazioni per avere dei tavoli regionali che poi sono stati aperti. Sul territorio, il dialogo con le due Ulss ha prodotto risultati differenti per provincia. Abbiamo firmato un protocollo nel novembre 2022 con l’Ulss5 che prevedeva incontri almeno trimestrali per affrontare le tematiche attuali; due protocolli, nel gennaio 2020 e nel maggio 2022, con l’Ulss6. Con l’Ulss5 il confronto ha subito una battuta d’arresto con la precedente direzione, ma è stato positivo per la realizzazione dei piani di zona. Non solo siamo stati presenti nella loro costruzione, ma ci stiamo incontrando frequentemente per monitorare la situazione e per creare una rete sul territorio anche con il terzo settore. Per quanto riguarda l’Ulss6 c’è stato in questi anni un continuo confronto. Dopo la pandemia, quando sono emersi i nuovi bisogni, è stato sottoscritto un protocollo per la calendarizzazione degli incontri sulle nuove tematiche. Ci siamo purtroppo scontrati con le criticità del momento: la carenza di medici, infermieri, oss, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. Ci siamo concentrati anche sul monitoraggio della messa a terra del Pnrr, alle missione 6, che prevede la realizzazione di strutture di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale. L’obiettivo è quello di aiutare le persone a rimanere il più possibile nelle proprie case». Un impegno particolare è quello previsto per gli Ambiti territoriali sociali, istituiti dalla legge regionale del 9 aprile. «Siamo interessati a capire come saranno normati – ha aggiunto Botton – perché potrebbero garantire uniformità di risposte per i cittadini e nello stesso tempo dobbiamo garantire ai lavoratori certezze e qualità nel lavoro che per noi deve rimanere a gestione pubblica. Le differenze attualmente si stanno addirittura aggravando. La zone dove si registra una carenza di assistenza primaria sono passate nell’ultimo anno in provincia di Rovigo da 45 a 38, mentre nella provincia di Padova sono diminuite da 92 a 20. Anche i galleggiamenti sono diminuiti. Ma la situazione resta critica. Anche se alcuni piccoli passi si stanno facendo, ci auguriamo un’inversione di tendenza negli investimenti in sanità. Bisogna avviare una politica fiscale che permetta di portare nelle casse dello Stato le risorse necessarie a dare risposte concrete ai cittadini».
Il punto sulla legge sulla non autosufficienza e sul decreto 29/2024 è stato fatto dal segretario generale della Fnp Cisl Veneto Ivano Cavallin, iniziando con alcuni dati: in Veneto vivono un milione 168mila over65, pari al 24,1% della popolazione, che nel 2050 sarà il 34,4%. Gli over75 sono 607, pari al 12,5%, gli aver80 sono 375.500, gli ultracentenari più di 1.700. «Come sindacato – ha detto Cavallin – ci preoccupa il fenomeno della solitudine, perché una persona sola è più fragile. Dopo gli 85 anni, su dieci anziani, solo 1,3 è autonomo. La legge sulla non autosufficienza doveva dare una risposta a un bisogno sempre più sentito. Serve anche una legge quadro sui caregiver, che per l’80% sono donne. L’Emilia Romagna l’ha fatta. In Veneto viene dato un minimo riconoscimento economico. Bisognerebbe invece dare un sollievo e un sostegno. L’indennità di accompagnamento va implementata, l’assistenza domiciliare integrata va incrementata. Per quanto riguarda la non autosufficienza gestita in strutture, abbiamo una presenza molto più bassa degli altri Paesi, per motivi di costi. C’è da chiedersi: perché su questo aspetto questo Paese non ha una programmazione? I bisogni crescono. Ci sono 20 argomenti della legge 33 sulla non autosufficienza che il decreto 29 non ha affrontato. Ci sono i rimandi. Ci abbiamo messo tanto impegno perché questa legge entrasse nella vita delle persone, ma è cambiato ben poco. Noi su questi rimandi ci lavoreremo, puntando anche sul ruolo del volontariato e del terzo settore, con l’Anteas innanzitutto, con la quale abbiamo già avviato un’iniziativa, in un rapporto sinergico che può portare dei risultati ottimi».
Ha concluso l’incontro Giulio Fortuni: «Penso che la sanità sia un bene sociale, ma anche economico. Dobbiamo interrogarci su una grande missione che dovrebbe comportare un ribaltamento della situazione attuale. Se non riusciamo a convincere la politica che questa è una priorità, andremo incontro a una tempesta perfetta: l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite, sempre meno lavoratori, pensioni legate ai versamenti reali che non permettono di curarsi, corrispondono a una società insostenibile e senza prospettive».