Polesine malinconico
(a Gian Antonio Cibotto, principe stanco)
Specchi d’acque chete
tremolano albe pigre e brumose
e dolci tramonti sonnolenti.
Silenziose e sensuali s’inseguono
le anse del grande fiume
che galleggia incantamenti,
sogni e malinconie, sussurri d’acqua
d’un principe stanco, terra della sua terra,
tra riflessi argentati di voli solitari
e sospirose fronde di memoria.
D’intuito il Po sente orizzonte
più esteso, passione mai spenta,
spalanca i suoi bracci, dischiude bocche,
s’addentra in dedali di quiete
e infine, spossato, si concede al mare.
Tutt’intorno fumano grevi leggende…
Misteri antichi e inquietanti
si celano nel riserbo ostinato
dei pioppeti fitti ed eleganti
che protendono silenzio,
in movenze verdi d’acqua,
ad esaltare il respiro del cielo.
Casolari senza più voce
ancora odorano vita e fatica
nella tenace memoria di un camino
e accolgono fantasmi di nebbie
a tener desto il passato
nell’eco di canapuli secchi e scrocchianti.
E anche quando il sole
inorgoglisce il girasole,
sorride al frumento imbiondito
e irride il mais dalle barbe filose,
anche quando la brezza orchestra
con garbo, tra i canneti inquieti,
le note fruscianti di fruttuosi amori…
anche allora un velo di malinconia
ricopre la terra, penetra radici,
nutre polesane genti.
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