Nel corso del World Cities Summit di Singapore dello scorso luglio, il Governo della Repubblica Popolare Cinese ha annunciato un programma straordinario per la trasformazione di 10 grandi agglomerati urbani in città “rifiuti free”, reso operativo dal piano di lavoro presentato in questi giorni. In un Paese in cui si producono, secondo i dati delle Nazioni Unite, 520.548 tonnellate di rifiuti al giorno, l’accumulo di rifiuti solidi urbani in discarica è divenuto insostenibile: 60-70 miliardi di tonnellate, cui si aggiunge l’importazione di materiale dall’estero. In questo contesto, il recupero e il riutilizzo non sono solo una questione etica e morale ma un enorme problema ambientale, sanitario, sociale che il Governo vuole tentare di mitigare e “valorizzare” attraverso l’attivazione di nuovi centri di economia circolare basati su nuove tecnologie e modelli di pianificazione e gestione urbana innovativi.
Ma in termini di produzione di rifiuti pro-capite il Nord America e l’Europa Occidentale, Italia compresa, superano di gran lunga le quantità cinesi.
Nel nostro Paese, secondo il Rapporto Rifiuti Urbani 2017 di ISPRA, sono stati prodotti 30,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani nel 2016, con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente: 497 kilogrammi a testa in un anno, dei quali solo il 52,5% viene differenziato e avviato al recupero.
La strategia per arrivare ad ottenere città e comuni “Rifiuti Zero” si articola a diverse scale:
– dai materiali ai prodotti, con l’analisi dell’intero ciclo di vita, “dalla culla alla tomba”,
– dalle catene di approvvigionamento ai singoli cittadini, con la riduzione di acquisti superflui, il No a prodotti monouso, la separazione dei rifiuti alla fonte, la diffusione del compostaggio domestico, incidendo, anche grazie ai comportamenti d’acquisto quotidiani, sulle scelte dei produttori e sull’intera filiera di vendita;
– dalla città alle economie nazionali e transnazionali, con pianificazione della città e del suo sistema di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
In Italia, l’esempio più noto di Comune Rifiuti Zero è Capannori, in Toscana. Non soddisfatti degli eccellenti risultati ottenuti in termini di raccolta differenziata, gli amministratori di Capannori hanno promosso un “Centro di Ricerca e Riprogettazione” che analizza il rifiuto residuo del Comune, individua la tipologia di materiali e i flussi residui e agisce in due direzioni: l’ottimizzazione della Raccolta Differenziata attraverso comunicazione ed educazione ambientale dei cittadini e riduzione dei rifiuti non riciclabili “a monte” agendo attraverso processi di riprogettazione industriale di questo tipo di prodotti, coinvolgendo produttori ed imprese e responsabilizzandoli in merito alle esternalità negative del loro processo produttivo.
Oggi, i Comuni italiani aderenti alla strategie Rifiuti Zero sono 276, con una popolazione complessiva di oltre 6 milioni di abitanti (dati aggiornati al 20/01/2019).
Il lavoro da fare è ancora molto ma l’esempio di Capannori dimostra che sensibilità, competenza, visione strategica e volontà politica sono la chiave per cambiare il volto delle nostre città.
Giorgia Businaro
Articolo tratto dal blog Rovi-go-green, di Rovigoindiretta