In piazza a difesa della sanità pubblica: in 5 mila hanno sfilato per le vie del centro di Mestre. Il CoVeSaP (Coordinamento veneto per la sanità pubblica) ha voluto festeggiare così il 7 aprile, giornata mondiale della salute, dopo due anni di mobilitazione intensa che ha visto l’organizzazione di iniziative di successo in molte città del Veneto.
Non vuota retorica, ma impegno concreto. E i cittadini, provenienti da tutto il Veneto, hanno risposto con l’adesione di una galassia di associazioni, dalle ACLI all’ANPI, da gruppi sindacali e attivisti di comitati locali per la sanità, ma anche per la pace e i diritti civili.
Se il modello di sistema sanitario pubblico fino al Duemila era una eccellenza mondiale, ora anche in Veneto, malgrado alcune eccellenze ospedaliere, i tagli ai finanziamenti si fanno sentire con pesanti ripercussioni.
“Ci sono settori delicatissimi, come la salute mentale, che sono sempre più scoperti, lasciando allo sbaraglio sofferenti psichici e familiari – ricorda Salvatore Lihard, coordinatore della manifestazione mestrina e ex Segretario della Camera del lavoro-CGIL di Venezia. – I tagli colpiscono tutti i servizi, riducendo investimenti e organico di medici, infermieri e operatori sanitari con conseguenze che diventeranno drammatiche nei prossimi anni e questo malgrado sulla carta il sistema veneto punti alla prevenzione”. Tanti i riferimenti al diritto costituzionale alla salute citato più volte negli interventi dal palco.
“In Italia sono in povertà assoluta, secondo i dati Istat, quasi 6 milioni di persone, si pone un importante problema legato all’equità sociale e sanitaria di accesso al Servizio Sanitario pubblico – sottolinea Cristiano Samueli, coordinatore della FIMMG (Federazione medici medicina generale) nel veneziano – perché ci sono disuguaglianze che si evidenziano nel fatto che nel 2021 la spesa sanitaria pro-capite mensile delle famiglie residenti in Italia è stata di 62 euro, mentre nelle famiglie in povertà assoluta la corrispondente spesa sanitaria ha raggiunto i 10 euro mensili, evidenziando il tema della povertà sanitaria”.
“È così che si crea un divario inaccettabile tra chi riesce comunque ad avere accesso ad alcuni servizi in regime privato e chi ne resta completamente escluso – sottolinea ancora Salvatore Lihard.- E questo divario va drammaticamente aumentando. Il nostro movimento ha realizzato a livello regionale un’indagine tra i cittadini sull’accesso al sistema sanitario e ciò è emerso è molto preoccupante. Le risposte raccontano che accedere ai servizi per la valutazione clinica di un problema sanitario diventa sempre più una corsa ad ostacoli.
La complessità inizia con l’identificare il soggetto a cui rivolgersi: la maggioranza delle persone continua a vedere nel Servizio Sanitario nazionale il più importante ed autorevole riferimento, ma nella pratica poi deve relazionarsi anche con diversi soggetti privati (convenzionati o non) che si sono affacciati sul “mercato della salute”. É un primo messaggio di frammentazione del servizio sanitario, che può generare insicurezza in quegli utenti che necessitano di una presa in carico continuativa e prolungata. Dalle risposte risulta infatti che nell’ultimo anno solo il 34% si è rivolto esclusivamente alla sanità pubblica, mentre il 54% ha dovuto rapportarsi sia con il sistema pubblico che con quello privato. Il 12% dei cittadini intervistati inoltre si è rivolto direttamente ad una struttura privata”.
I medici di medicina generale (mmg) rappresentano il punto di riferimento per affrontare in prima istanza la domanda di salute che proviene dalla popolazione, ancora di più perché questi riescono a raggiungere anche le persone più vulnerabili, che altrimenti rimarrebbero invisibili e non in grado di affrontare in modo efficace i propri problemi di salute.
“Diventa quindi essenziale che si continui a mettere in atto quanto scritto nel Piano Socio-Sanitario Regionale 2019-2023 quando si dice che «la prevenzione della malattia e il trattamento della sua cronicizzazione sono le vocazioni prioritarie della rete dei servizi territoriali e l’assistenza primaria costituisce il “contatto” più immediato e frequente per l’assistito -continua il dottor Cristiano Samueli. – Purtroppo, però nel 2023 in Veneto c’erano 2660 mmg con una diminuzione di 197 mmg rispetto a due anni prima, senza inoltre dimenticare che in termini percentuali i mmg con età al di sotto dei 55 anni rappresentano il 37% del totale dei medici di assistenza primaria, mentre gli over 55 sono il 63%. Stando così le cose, entro il 2035 (tra poco più di 10 anni) andranno in pensione in Veneto 2.296 medici di medicina generale portando ad un cambio generazionale completo!”