L’assemblea del Consiglio di bacino rifiuti di venerdì 11 aprile non ha raggiunto il numero legale, né per numero di presenti, nonostante la possibilità di videocollegarsi, né per numero di quote: solo 11 infatti i partecipanti per un totale di 500,9 quote rappresentate. Nessuno dei due parametri è stato quindi raggiunto.
Il Sindaco di Rovigo Cittadin è intervenuta, ribadendo i motivi della contrarietà all’impianto di Ecoambiente, senza lesinare qualche stoccata al cda della società fino a sollevare lo spettro che l’affidamento in house del ciclo integrato dei rifiuti potrebbe essere messo in discussione.
Il Presidente Tiziano Menon, che rappresenta il Comune di Rovigo, ha quindi annunciato che giovedì prossimo verrà convocata una nuova assemblea dei sindaci, con lo stesso ordine del giorno. Ma la Cittadin ha convocato per venerdì mattina alle 11 l’assemblea di controllo analogo di Ecoambiente, formata sempre dai sindaci, nel tentativo di fermare anche in quella sede il progetto di impianto per la produzione di biometano.
Una sequela di interventi a gamba tesa, quindi, nelle migliori tradizioni di gioco durissimo e colpi proibiti.
Ma la questione ormai sembra travalicare il problema dell’ipotizzato impianto di trasformazione dei rifiuti urbani dei polesani in energia, con una tecnologia che chiude il cerchio del ciclo dei rifiuti secondo il modello dell’economia circolare.
Porre in discussione gli atti fondamentali, che stanno alla base dell’affidamento per 30 anni ad Ecoambiente del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, secondo il modello “in house providing”, ovvero dei Comuni alla propria società di gestione, sposta in modo significativo l’obiettivo dell’azione del Sindaco di Rovigo e di chi la spalleggia.
Il Piano industriale di Ecoambiente, redatto sulla base di specifiche redatte dal Consiglio di bacino e approvato dallo stesso, è alla base del contratto di servizio per l’affidamento diretto, “in house providing” appunto.
Esso prevedeva, nelle more di una migliore definizione delle possibili alternative di incentivi nazionali, individuava due possibili soluzioni. La pima, per la produzione di biogas, era meno conveniente, ma da scegliere se non vi fossero state altre opportunità. Che in realtà successivamente sono risultate possibili, e hanno fatto quindi propendere per la soluzione della produzione di biometano, meno impattante e più conveniente.
Sollevare questo problema sembra ora una questione di lana caprina, se non si vuole pensare male. E pensare male significa ritenere che la partita possa essere di livello molto più alto: la messa in discussione stessa dell’esistenza di Ecoambiente e della opportunità che la società pubblica della gestione dei rifiuti continui a svolgere il suo ruolo.
Da molti decenni forze politiche e personaggi vari hanno operato per ridurre le potenzialità delle aziende pubbliche che si occupano di servizi locali (acqua, gas e rifiuti), ritenendo che tali servizi siano da affidare ad aziende private. In questo modo si sono perse opportunità storiche e si sono svalutate le capacità delle nostre aziende pubbliche, a vantaggio dei concorrenti privati o di realtà esterne al Polesine, che potessero sovrastarlo.
Ecoambiente sembrava essere sfuggita a questa sorta di “maledizione”, con l’avvio di un affidamento trentennale del servizio, basato su investimenti importanti per la sua qualificazione e per una gestione razionale e innovativa, oltre che ambientalmente compatibile, dei rifiuti in Polesine. Ora siamo di nuovo in ballo?