Il secondo dei tre incontri sull’Etnomusicologia organizzati dall’ARCI nell’ambito del progetto “Radici del Contemporaneo” 2019 prevede, per sabato 06 aprile ore 18:00 nella sede di Viale Trieste 29, l’intervento del prof. Paolo Rigoni dell’ARCHIVIO ETNOGRAFICO PROVINCIALE-MINELLIANA sul tema “Sergio Liberovici e il Delta del secolo scorso”
Il Delta dei sospiri
Sergio Liberovici giunge in Polesine ai primi di aprile del 1968. Il 3 è all’Accademia dei Concordi per documentarsi. Vede gli studi di Antonio Cappellini, di Pio Mazzucchi, di Cleto Corrain e Pieluigi Zampini, le Cronache dell’Alluvione di Cibotto, ma è il romanzo Una giornata a Ca Venier di Giuseppe Marzolla, direttore del La verità e collaboratore de L’Unità che gli fa da filo conduttore ed è il Partito Comunista che gli fa da tramite per i contatti da tenere. Il 4 è nel Delta per rendersi conto della realtà in cui dovrà operare e conclude la giornata sistemandosi in un albergo di Mesola e da lì inizia le sue giornate nel Delta spostandosi come forsennato da un paese all’altro, rincorrendo le persone che deve intervistare quasi ingaggiando una lotta contro il tempo come se presentisse l’imminente dissoluzione di un mondo e di una cultura che stava per finire. E infatti il 5 aprile, esattamente alle 5 del mattino è in barca nella Sacca di Scardovari per una mattinata di pesca con Vittorino Mancin Nao con cui ingaggia un duello dialettico perché il pescatore non sembra convinto delle argomentazioni di Sergio Liberovici circa la suddivisione fondiaria seguita dall’Ente Delta Padano nell’assegnazione delle proprietà. E in parecchie altre occasioni il ricercatore si troverà in difficoltà di fronte alla rassegnazione dei suoi interlocutori.
Liberovici, intellettualmente impegnato, giunto nel Delta con un bagaglio ideologico che gli veniva dalla militanza nelle file partigiane e dall’esperienza operaia torinese – da Cantacroche ai primi moti studenteschi con gli studenti abbiamo fatto delle splendide cose, confessa in un’intervista- si trova di fronte ad una realtà anomala radicalmente estranea al proprio orizzonte di senso e irriducibile a certe categorie ideologiche: non c’è il bracciante, il terrazziere, il risaiolo, il pescatore, ma tutti vivono promiscuamente di attività integrate col territorio per cui è difficile separare gli ambiti e le convenienze economiche. La raccolta dello sparto, della piuma, della paviera, della caresina, la pesca anche se di frodo, la caccia hanno garantito sopravvivenza, possibilità e varietà alimentari superiori a quelle che si registrano nel rimanente territorio polesano. La distinzione, se mai è tra i lavoratori dell’asciutto, i più fortunati che praticano frumento, mais e barbabietole e i lavoratori del bagnato, delle risaie permanenti, i cosiddetti contarinanti, i sossiali, mezzadri della risaia, simili ai bisnenti del Montello, i reietti i due volte niente. Solo alcuni e tra essi alcune donne si elevano al di sopra consapevoli della loro condizione.
L’entrata è libera.