Il settore manifatturiero industriale del Polesine è in forte sofferenza. Le ore di Cassa Integrazione richieste, soprattutto nella metalmeccanica e nel tessile dimostrano una frenata drammatica della produzione. Le ore di cassa integrazione nei primi 8 mesi del 2024, confrontate col 2023, sono circa 4 volte superiori, arrivando a 7 nel metalmeccanico. Il fine anno, visto l’uso intensivo di CIGO e di FSBA (ammortizzatore dell’artigianato) ci rappresenta una situazione che sta peggiorando, dove, oggi, le incertezze del mercato ingenerano particolare preoccupazione.
L’artigianato, fa i conti con ore residue risicate di ammortizzatore, confidando negli effetti del nuovo provvedimento di CIG in deroga con tutte le difficoltà nell’applicazione, tentando di traguardare il fine anno, e l’industria ha difficoltà a programmare oltre i primi mesi del 2025, che comunque saranno in continuità col
fine 2024 nella crisi.
Il dato comune tra industria e artigianato nei vari settori è l’incertezza e l’imprevedibilità del mercato; i fattori geopolitici e, in determinati settori, le inclinazioni dei consumatori non permettono più di pensare con meri calcoli di gestione delle stagionalità o con indicatori consolidati di programmazione della
produzione, in particolare ora con la grave crisi che si sta sviluppando nelle sue drammatiche dimensioni.
Vi è l’urgente necessità di nuove strategie politico-industriali che, purtroppo, il nostro paese da troppo tempo non sta implementando, continuando a mantenere inefficace e inascoltato il confronto con le parti sociali.
La sinergia nel territorio non può arrivare solo davanti alla crisi epocale. Investimenti, insediamenti e risorse devono essere conseguenti al risultato misurato dei bisogni, dove il territorio, con proprie istituzioni, deve essere messo nelle condizioni di governare i processi di sviluppo.
È questa la sfida che muoviamo come Federazioni Sindacali del mondo dell’Industria, ovvero quella di generale un tavolo di relazioni industriali territoriali che non faccia cogliere imprenditori, lavoratori e sistemi sociali impreparati, in particolare in un territorio già fragile come il Polesine. Se il modello industriale è calato dalla multinazionale, il modello di responsabilità sociale d’impresa deve essere quello promosso dal territorio.
Ciò che serve muove certamente da più in alto ovvero dalle politiche nazionali del Governo a sostegno del sistema paese. L’assenza di una chiara strategia industriale nazionale e di strumenti efficaci e, pertanto, assolutamente necessari per fronteggiare e governare la situazione che si sta vivendo non può che trovarci, non solo critici, ma fermi e consapevoli oppositori.
Siamo in assoluto promotori ed attuatori dei sistemi democratici e mossi dall’assoluta convinzione che la democrazia si ottenga con la consapevolezza dei problemi, la mappatura dei bisogni e l’attuazione delle misure necessarie a dare, non solo la risposta alle crisi, ma a prevenirne i drammatici effetti di natura sociale ed economica che derivano da una miope e faziosa politica fiscale, economica e d’impresa evidentemente ed ostinatamente inefficaci.
È questo il modello che rivendichiamo anche nello sciopero del 29 novembre.
Il Segretario Generale FIOM Rovigo Davide Benazzo
Il Segretario Generale FILCTEM Rovigo Federica Franceschi